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Muhammad Ahmad, Imitiaz, Ashraf, Ahasan, Ali, Khalid Mehmood, Hassan, Muzamil Ismail, Ali, Ullah, Sikandar, Ali, Muhammad, Aikozai Wuzir, Shirzad, Hussan, Mohammed, Walid, Farad, Mohammed.

Sono i nomi dei 17 minori che per un mese sono stati ospitati a Roccella. La notte del 10 luglio avevano fatto il primo tampone, e avevamo detto loro che sarebbero dovuti rimanere qui per 14 giorni.

Non era nostro compito individuare un struttura per ospitarli e mettere in piedi l’assistenza necessaria alla quarantena. Ma era nostro dovere. E lo abbiamo fatto.

Gli abbiamo chiesto di sopportare per 14 giorni di stare al chiuso, in una struttura non idonea a lunghe permanenze, senza poter uscire a fare due passi.

I giorni sono passati. Una trentina di giorni. Li hanno sopportati. Senza urlare, senza protestare, senza mai deprimersi. Soffrendo in silenzio, piangendo la notte.
Lo hanno fatto perché con loro c’è stato sempre, di giorno e di notte Mohammed Hussin Hari. Un fratello maggiore di 42 anni che avrebbe potuto farsi la quarantena nel suo domicilio. E che invece ha scelto di state con loro, curando le loro piaghe, i segni della traversata e i drammi dei loro pensieri.

Oggi grazie alla disponibilità di alcune associazioni cattoliche e laiche e allo straordinario lavoro dei nostri uffici, tutti loro sono ospiti di case di accoglienza per minori non accompagnati. Mentre si discuteva su chi dovesse prendere le decisioni, su chi doveva individuare le comunità nelle quali ricoverarli, su come fare per ricoverarli, siamo riusciti, da soli, a trovare per loro una sistemazione più adeguata per questa lunghissima quarantena. Non era nostro compito ma era nostro dovere. E lo abbiamo fatto.

Mohammed una settimana fa mi chiama e mi dice: “Sindaco, io sono stanco, molto stanco” e mi chiede di riposarsi, di continuare la quarantena a casa. Se Momo – lo chiamiamo tutti così – va via, Inayat Ullah, Khalid, Muhammad, Umar Muhammad, Ali, Muhammad Akram, i ragazzi ancora positivi al COVID 19 che sono, dopo 36 giorni, ancora nostri ospiti, rimarranno da soli.

Lo abbiamo scritto a tutti l’11 agosto. Ci hanno garantito che avrebbero trovato una soluzione. I minori sarebbero stati ricoverati sulla nave ferma a Corigliano. E ci hanno chiesto di chiedere a Momo qualche giorno in più. Fino al 13 agosto, poi fino al 14, poi fino al 15, poi fino al 16 e ieri sera fino ad oggi. La nave è andata via stanotte, in silenzio, senza i minori a bordo.

Oggi ho firmato l’ordinanza per far riposare Momo. Perché merita questo e molto di più. Da oggi pomeriggio Inayat Ullah, Khalid, Muhammad, Umar Muhammad, Ali, Muhammad Akram, saranno soli.

Non competeva a noi torvare una sistemazione per i minori in quarantena. Lo abbiamo fatto. Non competeva a noi trovare una idonea sistemazione per i minori negativi al COVID 19 per permettergli di finire la loro quarantena. Lo abbiamo fatto. Non competeva a noi assistere i minori per tutto questo tempo. Lo abbiamo fatto. E quando dico noi, dico tutta la nostra comunità.

Oggi, per la prima volta, costretti, diciamo che non riusciamo a fare di più. E che non sappiamo cosa fare.

Abbiamo avuto rassicurazioni dal Ministero dell’Interno, dalla Regione e dalla Croce Rossa sul fatto che i minori non resteranno senza adeguata assistenza. Alle 18.00 in conferenza stampa faremo il punto della situazione.

Volete sapere se siamo orgogliosi di quello che stiamo facendo. No.

Perché siamo un pezzo dello Stato, e lo Stato in questa vicenda ne esce molto male. Spero che Inayat Ullah, Khalid, Muhammad, Umar Muhammad, Ali, Muhammad Akram ci perdoneranno.

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